Strillone Imperiale

La morte

Non è facile. Non è giusto eppure esiste e sempre esisterà. Nel Sarzio ad ogni nascituro viene sacrificato un agnello come se ad ogni vita che nasce una si deve spegnere. Come se il numero di vite non possa mai calare o aumentare rispetto ad una qualche cifra non ben definita.
La morte permane in tutta Doramarth.
Lo sanno i contadini quando un bambino non raggiunge l'età adulta, lo sanno le mamme che partoriscono neonati senza vita, lo sanno i figli che seppelliscono i loro genitori e a volte lo scoprono a malincuore anche i genitori che seppelliscono la loro prole.
Molti l'accettano, altri la contemplano, pochi la bramano e gli eroi la rispettano.
Davanti ai grandi funerali reali del Daerfaels o tra i riti nei cunicoli nanici il pianto e il singhiozzo dei cari si ode tra gli spettatori e i cari.
Non è mai facile, dall'inizio dei tempi. Lo sanno gli elfi che hanno sofferto la scomparsa della loro guida  Erimnol. Proprio gli elfi hanno imparato più di tutti dell'effetto del tempo e della morte. Hanno scoperto la meta finale del loro viaggio in vita, hanno subito gli effetti del tempo e hanno visto scemare la loro forza per essere infine sconfitti come tutti dalla Mietitrice.
Non è piacevole. Mai.
Ma forse proprio dagli elfi dovremmo imparare.
Imparare la loro forza e il loro rispetto nella vita. La morte è solo un momento. I funerali sono non un momento di compianto ma di rispetto per l'uomo o la donna che non sono più presenti.
In quel momento non si pensa all'uomo che non c'è più. E' l'ultimo saluto, l'ultimo atto di onore, coraggio, fiducia e rispetto che gli amici, i nemici, i parenti più cari fanno.
E' un atto dovuto e voluto che supera i confini dell'odio, dell'inimicizia o dell'invidia.
Quello è il momento della più assoluta e ferrea riconoscenza.

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